BIODIVERSITÀ GENETICA

La biodiversità è la varietà della vita in tutte le sue forme, livelli e combinazioni, che di fatto è la conseguenza della biodiversità genetica, ovvero le differenze genetiche, entro le specie, tra le specie e tra gli ecosistemi (1). Questa variabilità genetica è frutto di centinaia di milioni di anni di evoluzione e ha permesso agli esseri viventi di colonizzare tutto il pianeta. Purtroppo, nell’ultimo secolo stiamo assistendo ad un drastico calo della biodiversità a livello planetario che interessa anche le specie allevate, di cui il 9% si sono estinte e mille sono a rischio estinzione (2). La riduzione di diversità fra le specie e le razze addomesticate si traduce in un aumento della consanguineità, la quale porta gli animali ad essere più deboli e meno resilienti verso le specie parassite, i patogeni e i cambiamenti climatici. Ne consegue un indebolimento dell’intero sistema e quindi una grave minaccia alla produzione mondiale di cibo (2).

La biodiversità genetica è a rischio anche in Italia dove il 96% della produzione lattea è fornito da sole 6 razze (di cui 3 straniere) e solo il 4% da razze autoctone. Per quanto riguarda la carne, le razze italiane faticano a reggere il confronto con le razze straniere. Infine, delle 61 razze bovine italiane 19 sono estinte e 14 sono a rischio estinzione (tabella 1) (1). È importante conservare le razze locali in quanto sono ecotipi domestici, tradizionali, regionali e adattatati localmente. Questo significa che si sono sviluppati nel tempo adattandosi al loro ambiente agricolo naturale e culturale a causa dell’isolamento da altre popolazioni della stessa specie. A queste motivazioni possiamo aggiungerne altre di natura nutrizionale (qualità delle produzioni) e socio-economiche. Infine, perdere le razze locali è rischioso perché alcune caratteristiche genetiche che attualmente sembrano di scarso valore potrebbero averne molto in futuro, soprattutto in contesto di cambiamento climatico, e le razze, una volta perse, non sono più recuperabili (1).

Ma a che cosa è dovuta questa perdita di variabilità genetica? Le cause possono essere individuate nella crescita della popolazione mondiale e nel cambiamento delle abitudini alimentari avvenuti negli ultimi settant’anni. Questo ha portato ad intensificare e industrializzare le produzioni, soprattutto nei paesi occidentali. Tale strategia ha determinato la sostituzione di razze e popolazioni locali con poche specie geneticamente selezionate tenendo conto solo della produttività e dell’adattabilità ai nuovi sistemi di produzione industriale. Selezionare per un solo carattere,  significa usare strategie riproduttive per aumentare la frequenza dei geni desiderati nella popolazione. Queste strategie vanno gestite in modo oculato pena una riduzione della biodiversità genetica nella popolazione animale. Ad esempio, destinare alla riproduzione solo il seme di tori con caratteristiche genetiche che codificano per l’alta produttività, ha fatto si che negli Stati Uniti nel 2013, due tori, padre e figlio, fossero responsabili del 7% dell’intero genoma della popolazione di Frisona americana (3). Un’altra tecnica utilizzabile è l’embrio-transfert, con cui si possono ottenere molti embrioni da una vacca impiantabili in altre vacche riceventi. L’embrio-transfert può essere efficacemente utilizzato per ottenere un alto numero di figlie da una bovina grande produttrice di latte, oppure può essere molto utile in quelle razze a rischio estinzione per aumentare il numero di individui della popolazione in modo rapido. Tuttavia, in entrambe i casi, siccome gli animali così ottenuti sono tutti figli della stessa femmina, bisogna essere molto attenti a gestire la consanguineità nelle generazioni successive pena, anche in questo caso, una riduzione della biodiversità genetica della popolazione. Inoltre spesso queste popolazioni così ampie non sono adatte a rispondere alla grande diversità dei contesti agricoli, ad esempio escludendo a priori tutti i contesti di produzione delle aree marginali.

In Italia, la selezione genetica della razza Frisona indirizzata verso produzioni sempre più elevate, ha portato ad una diminuzione della fertilità e ad un aumento di alcune patologie quali zoppie, mastiti e disordini metabolici, specialmente quando il sistema di allevamento non è adeguato alle maggiori esigenze produttive delle vacche (1). Inoltre questa razza, originaria del nord Europa, è poco adatta alle estati italiane, con gravi conseguenze sulla sua salute se non sono presenti impianti per il condizionamento dell’ambiente di stabulazione.

Figura 1. Esempio di mandria biodiversa. Foto di Guido Maoret.

In Agroecologia fare selezione genetica significa collaborare attivamente con gli allevatori tramite processi di selezione partecipativa, già molto utilizzati in campo vegetale, per selezionare popolazioni locali rustiche. L’Agroecologia promuove e predilige, così come il regolamento del biologico (l’art.6 del Regolamento 848/2018), le razze autoctone e le popolazioni di animali locali, ovvero animali che vivono in un agro-ecosistema da generazioni. In questo modo si possono garantire un grado elevato di diversità genetica, capacità di adattamento alle condizioni locali e di conseguenza garantire un elevata longevità, vitalità e resistenza alle malattie e ai problemi sanitari presenti in quel determinato territorio. In altre parole, razze e popolazioni locali hanno alta rusticità e resilienza aiutando a massimizzare l’efficienza del sistema, secondo quanto è disponibile in quel determinato contesto, sia in termini ambientali, sia di organizzazione della produzione. L’introduzione di popolazioni animali dotati di tale caratteristica è una pratica a lungo termine, parlando di bovini (4). Parlando invece di aziende già avviate ed interessate ad una transizione ecologica si potrebbe iniziare con una transizione graduale, ovvero realizzare degli incroci in modo da sostituire nel tempo la razza presente con una più rustica. Un esempio è la graduale transizione in azienda della razza bovina frisona, lattifera ad altissima produzione che ha perduto molti caratteri di rusticità, con la pezzata rossa italiana, razza a duplice attitudine che ha buona capacità di trasformare la fibra per l’ottimo sviluppo del rumine, arti robusti per il movimento al pascolo, latte di ottima qualità. Questo processo si può effettuare fecondando incrociando le bovine frisone con un toro pezzato rosso, continuando l’incrocio anche con le generazioni successive di incroci, fino a una totale sostituzione del patrimonio genetico.

STATODEFINIZIONE
RAZZA ESTINTANessun individuo in vita.
RAZZA IN SITUAZIONE CRITICAN° femmine ≤ 100 e n° maschi ≤ 5. Oppure popolazione =120 individui, ma % femmine rispetto ai maschi <20%.
RAZZA IN PERICOLON° femmine fra 100 e 1000, maschi fra 5 e 20. O n° individui fra 80 e 100, crescita positiva, ma n° femmine >80%. O n° individui fra 1000 e 1200, ma % femmine rispetto ai maschi <80%.
NON A RISCHION° femmine >1000 e n° maschi> 20. Oppure n° individui >1200 e popolazione in crescita
A RISCHIO IN SITUAZIONE CONTROLLATAPresenza di progetti di conservazione attivi e le specie sono mantenute da enti pubblici o privati o di ricerca
Tabella 1. Categorie di rischio estinzione di una razza secondo i criteri FAO. Una razza è definita a rischio se è in situazione critica o in pericolo (1).

Autore: Elia Marabotto

  1. Biodiversità e conservazione delle bovine autoctone italiane in via di estinzione (2010). Leoni Valeria. Tesi di laurea
  2. The global assessment report on biodiversity and ecosystem services, summary for policymakers. IPBES (Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services), 2019.
  3. Domesticated. Evolution in a man-made world (2015). Richard C. Francis. Editore W.W. Norton and Company
  4. Steps to sustainable livestock. With improved breeding and cultivation, ruminant animals can yield food that is better for people and the planet, say Mark C. Eisler, Michael R. F. Lee and colleagues. Nature, vol 507, 6 Marzo 2014.