Il presente lavoro è un estratto, opportunamente rielaborato della tesi di Master di Andrea Francesio, presentata presso l’Università di Glasgow nel 2019.
Abstract
Il metabolismo ruminale è un insieme di reazioni biochimiche influenzate dalle caratteristiche fisico-chimiche della fase acquosa in cui le reazioni stesse avvengono, dalle popolazioni batteriche, protozoarie e fungine che popolano il rumine e dalla prevalenza di substrati introdotti dall’animale attraverso la dieta. Il presente articolo descrive brevemente l’interazione fisiologica tra le variabili sopraccitate senza addentrarsi sul terreno della patologia.
Le caratteristiche fisico-chimiche dell’ambiente ruminale
Il reticolorumine è il risultato del processo evolutivo, mediante il quale i ruminanti hanno cercato di massimizzare la loro capacità di utilizzare carboidrati cellulosici (CHO). È un ecosistema estremamente diversificato, complesso e altamente regolato in cui batteri, protozoi e funghi interagiscono con diversi substrati e tra di loro, trasformando substrati grezzi in energia e prodotti più complessi, come acidi grassi volatili (VFA), vitamine e proteine. In condizioni fisiologiche, il rumine è un ambiente anaerobico, la sua temperatura è solitamente compresa tra 38 e 41 °C, la sua osmolalità è inferiore a 300 mOsm/L. Il pH ruminale fisiologico tradizionalmente viene riportato essere compreso tra 6.0 e 6.8 ed è il risultato dell’introduzione, della produzione e dell’assorbimento di VFA e ammoniaca, oltre alla presenza di bicarbonati e fosfati come sistemi tampone (Hoover & Miller, 1991; Owens et al., 1998).
La flora ruminale
I batteri sono la popolazione microbica più rappresentata nell’ecosistema del rumine, sono presenti in una concentrazione totale di 109 – 1010 cellule/grammo di contenuto ruminale (Matthews et al., 2019). Storicamente, sono stati classificati sulla base del substrato che metabolizzano e dei prodotti finali del loro metabolismo come cellulolitici, amilolitici e proteolitici. I microrganismi sono stati anche classificati come fermentatori primari o secondari, a seconda che degradino i nutrienti introdotti con la dieta oppure prodotti delle fermentazioni primarie (Sjaastad et al., 2003; Van Soest, 1994).
I protozoi sono presenti in concentrazioni variabili a seconda del tipo di dieta. Come regola generale, il loro numero aumenta con l’aumentare della quota amidacea, fino a quando la produzione di acido non diminuisce e il pH ruminale scende al di sotto del valore di 5,5 (Hoover & Miller, 1991). Tuttavia, in condizioni favorevoli, i protozoi possono raggiungere concentrazioni pari a 105 – 106 cellule/grammo di contenuto ruminali e, a motivo delle maggiori dimensioni rispetto ai batteri, possono contribuire fino al 50% della massa microbica totale (Baldwin & Allison, 1983; Hoover & Miller, 1991). I protozoi sono direttamente coinvolti nel metabolismo cellulolitico ma il loro ruolo principale nel metabolismo del rumine potrebbe essere l’inglobamento di amido, proteine e batteri (Van Soest, 1994).
I funghi anaerobici sono la porzione più piccola e recentemente riconosciuta del microbiota. Collaborano all’attività cellulolitica degli altri microrganismi attraverso la loro elevata produzione di cellulasi ed emicellulasi, nonché aumentando l’efficienza del metabolismo della lignina rompendo le strutture lignificate attraverso i loro rizoidi (Hoover & Miller, 1991; Matthews et al., 2019; Van Soest, 1994).
Il catabolismo dei nutrienti
Come già accennato, i ruminanti si sono evoluti per ottimizzare la digestione dei carboidrati cellulosici, anche detti strutturali. Questi sono polimeri di glucosio, xilosio, arabinosio e acido glucuronico, generalmente uniti da legami β 1 – 4 glicosidici, come la cellulosa e l’emicellulosa. La pectina, essendo un polimero di acido galatturonico legato α 1 – 4, è un’eccezione tra i carboidrati strutturali, poiché il suo legame è più tipico dei carboidrati solubili in acqua, o non strutturali (NSC). I carboidrati strutturali sono componenti della parete cellulare vegetale e non possono essere metabolizzati dagli enzimi digestivi dei mammiferi (Allen, 1991). Altre fonti di carboidrati sono i NSC, e includono mono-, di-, oligo- e polisaccaridi solubili in acqua. Tra i NSC l’amido è la frazione più importante per la sua elevata densità energetica e il suo uso diffuso nella nutrizione del bovino. Gli amidi sono un polimero di unità di glucosio legate α 1 – 4 e ramificate α 1 – 6 e, come tali, potrebbero essere digeriti dai mammiferi (Allen, 1991). A dispetto della loro diversa natura chimica, i carboidrati sono metabolizzati attraverso vie comuni.
Il primo passo del metabolismo dei carboidrati è di solito l’idrolisi dei polimeri in mono-, di- e oligo-saccaridi. L’idrolisi avviene nello spazio intracellulare ed extracellulare mediante endo- ed esoidrolasi batteriche. I prodotti delle fermentazioni primarie vengono quindi fermentati anaerobicamente attraverso le vie glicolitiche fornendo due molecole di ATP, piruvato e NADH2 per ogni ciclo. Il destino del piruvato e del NADH2 varia notevolmente a seconda delle condizioni fisico-chimiche in cui si trova il rumine. Il piruvato può essere convertito in lattato, acetato, propionato o butirrato mentre il NADH2 può essere ossidato da batteri metanogenici o acetogenici con la formazione di metano ovvero di acetato, CO2 e H2 (Baldwin & Allison, 1983; Van Soest, 1994).
I lipidi sono scarsamente metabolizzati nel reticolorumine, poiché i microrganismi ruminali non utilizzano gli acidi grassi come fonte di energia (Emery & Herdt, 1991). Le principali reazioni ruminali coinvolgono i lipidi sono l’idrogenazione degli acidi grassi insaturi e l’idrolisi dei trigliceridi e dei fosfolipidi (Baldwin & Allison, 1983). Tuttavia, a meno che i grassi non siano resi inerti attraverso processi chimici o fisici (ad esempio, riscaldamento o saponificazione), potrebbero influenzare in certa misura l’ambiente ruminali. Infatti, se alimentati in eccesso, possono diminuire l’assunzione di sostanza secca e possono inibire la crescita microbica e le fermentazioni ruminali. L’integrazione di acidi grassi sembra contribuire ad orientare il metabolismo ruminale verso la produzione di acido propionico, e sembra inibire il degrado delle proteine, aumentando quindi la quota di aminoacidi disponibili per la digestione post-ruminale (Emery & Herdt, 1991; Jenkins & Fotouhi, 1990; Jenkins & Jenny, 1989).
I composti azotati possono seguire diverse vie metaboliche. Possono essere utilizzati come fonte di energia dal microbiota o possono essere utilizzati come fonte di aminoacidi per sintetizzare proteine microbiche o, nel caso di proteine insolubili, superano il rumine senza essere modificati per essere digeriti nella parte restante del tratto gastro-enterico. Che diventino fonte di energia o substrati per la sintesi proteica, il primo passo del metabolismo dei polipeptidi è la loro idrolisi in aminoacidi. Gli aminoacidi possono quindi essere deaminati con la generazione di ammoniaca e VFA o decarbossilati con la generazione di ammina e CO2; quest’ultima reazione è tipica di condizioni di relativa abbondanza di carboidrati facilmente fermentescibili (Baldwin & Allison, 1983; Sanford, 1963).
Legenda
Anaerobiosi: In biologia, la condizione di vita in ambiente privo di ossigeno libero propria dei microrganismi detti anaerobi.
Microbiota: rappresenta l’insieme di tutti i singoli microrganismi -dai batteri, ai funghi, ai protozoi fino ai virus- che convivono all’interno di un organismo, senza danneggiarlo.
Osmolalità: è una misura del numero di particelle disciolte in una unità di massa (Kg) di fluido.
Rizoide: in botanica, elemento uni- o pluricellulare che assomiglia a una radice o ne svolge alcune funzioni.
Saponificazione: consiste nell’idrolisi degli esteri del glicerolo formati dagli acidi grassi superiori (oli e grassi) effettuata in condizioni basiche: dalla reazione si formano glicerolo e sapone.
Autore: Andrea Francesio
Bibliografia
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